Uscibene
DESCRIZIONE
Siamo nella contrada di Altarello di Baida, Fondo De Caro, dove si scoprono i resti di un palazzo che corrisponde allo Xibene o Sirbene degli antichi documenti. L’edificio dell’Uscibene, riscoperto da Giovan Battista Filippo Basile nel 1856, descritto da Gioacchino Di Marzo a metà Ottocento e rilevato dallo studioso Adolph Goldschmidt nel 1898, fu restaurato da Francesco Valenti nel 1928.
Oggi versa in stato di abbandono e il parzialeoccultamento delle fabbriche ne compromette la lettura. Le caratteristiche tipologiche e stilistiche lo fanno risalire al XII secolo e indicano nella costruzione un edificio da giardino di delizie, forse della tipologia del riyàd.
In prossimità dell’edificio esisteva un “viridario” (giardino), circondato da un muro e ricco di acqua, che doveva far parte dei padiglioni e “sollazzi”del Genoardo. L’edificio sorge su quote altimetriche differenti, seguendo l’inclinazione del pendio sul quale è costruito: la porzione superiore è occupata dalla cappella a pianta rettangolare priva di abside, il cui involucro esterno presenta nicchie cieche ogivali. L’interno, molto deteriorato, conserva ancora sulla parete meridionale i resti di un affresco tardo-gotico e uno stipite superstite del portale, entrambi riconducibili a interventi quattrocenteschi.
Sulla balza di terreno sottostante, da dove scaturiva, un tempo, la sorgente, sorge il nucleo principale del palazzo, costituito da una sala centrale a iwan coperta con volta a crociera e due sale adiacenti, ciascuna coperta con due volte a crociera che si susseguono, collegate tra loro da uno stretto corridoio collocato posteriormente all’iwan, la cui concezione volumetrica e decorativa rimanda all’architettura islamica-fatimide.
Le tre nicchie rettangolari hanno morfologie diverse: ai lati si trovano rari muqarnas a conchiglia con scanalature a sezione triangolare, simili a quelli dei castelli della Favara e di Caronia.
Nella nicchia di fondo si trovano, invece, esigue tracce dei più consueti muqarnas a stalattiti, realizzati in conci di calcarenite e stucco.
Un grande arco ogivale metteva in comunicazione in origine la sala a iwan con l’esterno.
Sulla parete di fondo è presente una frattura nel muro che farebbe pensare a una fontana: secondo i disegni di Goldschmidt, da qui l’acqua scorreva verso un bacino esterno per mezzo di una canaletta sul pavimento, seguendo il modello della sala della fontana nel Palazzo della Zisa. Ai lati degli ambienti inferiori si trovano da una parte due sale attigue di forma quadrata, di cui rimangono solo i muri perimetrali; dall’altra, al di sotto della Cappella, si trova, invece, un unico ambiente rettangolare con le volte a botte, collegato direttamente con gli ambienti dell’iwan e con un ipogeo carsico naturale.